venerdì 20 gennaio 2012

Carote – tasto numero 42

Gambe incrociate sopra la sedia, la tovaglia di cerata a fiori blu. Il coltello sopra al piatto. Ho finito la cena. La vellutata era pure poca, perché con i surgelati non mi regolo, non ne ho mangiati quasi mai.
Sorseggio la birra rossa che ho aperto senza averne davvero voglia. Quella che prendevo a sedici anni, non che me li voglia ricordare, i miei sedici anni. Stefano mi ha detto che a luglio si sposa. "Congratulazioni Stefano!" e pacche sulla spalla.
Mi sono trascinata la spesa a casa, arrancando. Poteva essere anche mezzanotte, invece erano solo le otto passate. Tra parentesi Dio benedica il Carrefour aperto fino alle 22.
La stanchezza mi ha sopraffatto e io non sono riuscita a imbustarla e a pesarla sulla bilancia con tutti i tastini numerati fino a 99, anche perché non avrei saputo a che prezzo pagarla. Per non sbagliarmi nel prezzare le verdure ho preso tutto: carote, cipolle e patate. Giusto perché avevano i codici in successione. 42, 43, 44. Carico il carrello.
Non me ne frega niente. Se non ho trovato la farina, se ho dimenticato le uova, se il vino fara cagare e anche se non riesco a trovare le parole giuste.
Quando ho scoperto che abiti al quinto piano ci sono rimasta male, perché non me l'ero immaginato minimamente. Anzi pensavo che lì non ci fossero nemmeno case di cinque piani. Così mi sono chiesta chissà cosa si vede dalle tue finestre. Io non c'ho mai abitato al quinto piano, il massimo è stato il secondo. Non m'immagino nemmeno come ci si senta, anche se poi mi sa che ti senti per terra tanto quanto quelli del primo piano o del cinquantaduesimo.
Mi sono anche domandata quante altre cose mi sono immaginata sbagliate. Però non te le chiedo.
Non ti chiedo niente perché non sono capace. Non ti chiedo niente perché ho paura, perché mi hai detto così. Non ti chiedo niente, ma tu dimmi quello che vuoi.
E vorrei scrivere ancora, magari di te, magari di niente però così rovino la chiusa. Ma me ne fotto. Non c'ho voglia nemmeno di farmi il bagno ma sento già la vasca che si riempie. Sono io.

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