mercoledì 11 gennaio 2012

Allora guardo avanti che con il vento di questi giorni si dovrebbe vedere pure bene.

Succede che non ho voglia di scrivere. Però ho riaperto un libro e ne ho scelti altri dagli scaffali. Alcuni stanno lì da anni ma cambiargli ripiano è già qualcosa. Proust non lo trovo più, sarà destino.
Ora anche io sulla metro posso mettermi a leggere, anche se adesso faccio solo tre fermate. Allora prendo l'autobus, così sono quattro pagine in più, che a volte vuol dire un intero capitolo.
Poi ti telefono la notte – dopo la mezza è proprio notte – e mi piace perché capisco quando ti stai per addormentare. Sì questo l'ho capito subito, non c'è bisogno che tu me lo dica.
E non mi era mai capitato che qualcuno si addormentasse così, con la voce che si fa incomprensibile, lontana. Poi le sillabe si mischiano quasi a caso, infine sussurri. Stai dormendo.
Ti dico buonanotte, ma non lo senti già più.
Succede che vorrei concludere tutte le cose che sedimentano nella testa o nel taccuino da tempo. Perché occupano spazio, inutilmente. Concluderle o buttare via tutto perché forse ormai sa di vecchio. Come le cose che stanno nel mio frigo, che poi se aspetti troppo fanno schifo anche nella ricetta più buona. Forse sono io che sono invecchiata, non sono più quella lì, quindi basta buttiamo perché io lo so che non mi riciclo. Niente raccolta differenziata per me.



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