giovedì 1 dicembre 2011

La gioia delle vasche.

È il secondo giorno di fila che metto la sveglia per andare a nuotare la mattina presto. Ed è il secondo giorno di fila che mi sveglio alle 5 e la spengo.
Andare a nuotare prima del lavoro è stata un'esperienza talmente estatica che non la riesco a ripetere. Mi ha avvicinato all'assoluto.
Solo io e una vecchia signora nella corsia dell'andatura lenta. Tra le 8.45 e le 9 io sola.
Il nuoto aveva perso parte del suo fascino: l'alienazione. Non c'erano le signore dell'acquagym, non ho preso calci dalle rane della corsia veloce, né mi sono sentita pressare dalle bracciate a stile del natante dietro di me. Anche il vapore e il cloro sembravano dolci in quel martedì di pioggia battente.
In fondo quando mi getto a forza nell'acqua gelida so che è più uno sforzo psichico che una lotta al grasso superfluo e al torpore muscolare. In tutta questa rilassatezza non sono riuscita a risolvere il problema maggiore, cioè cosa pensare mentre nuoto.
Io proprio non capisco quelli che dicono che quando nuotano non pensano a niente, che nuotare gli libera la mente. Per me nuotare è una lezione di algebra.
Da quando mi tuffo, in modo piuttosto sgraziato, ma pur sempre di pancia – perché di far la figura della femmina che ha bisogno della scaletta proprio non mi va – comincio a contare e non finisco finché non rimetto le ciabatte ai piedi. Uno, uno, uno, uno... per tutta la prima vasca. Due, due, due, due per tutta la seconda, e poi tre, quattro, venti. Poi forse ci sta una pausa, ma sto cercando di lavorarci ed eliminarla. Avanti così.
Gli occhialini si appannano quando ancora sto nuotando a rana, l'acqua non è più azzurra e tutto diventa indefinito. Cerco di tenere un ritmo, inutilmente.
Eppure il nuoto è matematica. Dieci vasche a rana, dieci a stile. È ripetizione e quindi mortificazione. Penso che per rendere questa esperienza davvero sublime dovrei concedermi il lusso del costume intero, quello della Decathlon. La cuffia di silicone ce l'ho già, rosa.
Mi sono quasi convinta, domani ci vado. Allora ci vediamo alla Cozzi, prima o poi.

Nessun commento:

Posta un commento